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SLASHER - Stagione 2 - RECENSIONE

Immagine del redattore: serie tvserie tv

Come ormai abbiamo imparato ad osservare, la piattaforma streaming di Netflix ha una certa debolezza verso gli horror e i suoi derivati. Dopo la serie slasher per eccellenza che portava con se la pesante eredità delle pellicole cinematografiche di Scream, ecco quella, che già dal nome, non poteva altro che far scorrere fiumi di sangue, ansia e adrenalina. La seconda stagione di Slasher non segue le vicende della prima, attestandosi un po’ come una serie antologica; tuttavia ha lo stesso ritmo, gli stessi schemi, gli stessi cliché. Se vogliamo, la scenografia e lo sfondo in cui si muove la trama sono addirittura più interessanti di quanto visto nella stagione di esordio.

Un gruppo di ragazzi torna tra le montagne innevate del Canada, là dove cinque anni prima si era consumata un’immane tragedia. Durante l’estate i cinque ragazzi lavorano tutti in un campo estivo, addetti all'intrattenimento e alla responsabilità dei bambini ospiti. Ad infoltire il team di animatori arriva una giovane ragazza di origini indiane, Talvinder.

Quest’ultima, per un motivo o per l’altro, riesce a farsi odiare da tutti i suoi colleghi che, una bella notte, le organizzano una sorta di imboscata per spaventarla. Quello che doveva solo essere un avvertimento si trasforma in tragedia, in omicidio. A cinque anni di distanza, tra la neve dell’inverno, il gruppo di ragazzi è costretto a tornare su quelle cime, in vista di un’imminente costruzione di un resort, proprio nelle vicinanze del posto in cui occultarono il cadavere di Talvinder. Ospitati da una sorta di piccola comunità di pacifisti devoti allo yoga, i giovani dovranno fare i conti con un assassino incappucciato e spietato, un mostro che sembra conoscere la verità.


I fantasmi del passato tornano in questa seconda stagione di Slasher, che con la prima condivide solo la presenza dell’attore canadese Christopher Jacot. A differenza del primo atto, che sembrò forse la brutta copia della sua collega di Scream, il secondo capitolo di Slasher è più un “So cosa hai fatto“. I peccati di una sola notte tornano a galla e l’assassino non ha nessuna intenzione di perdonare.

Nonostante neanche questo secondo capitolo abbia il fascino di altri slasher seriali, rispetta comunque tutti gli schemi del caso. Aaron Martin, produttore dello show, sa fare bene il suo mestiere e possiede anche un’ottima e fervida fantasia “perversa” quando si tratta delle modalità di morte dei protagonisti. La prima stagione era stata frutto di Super Channel (emittente canadese) che ha gentilmente concesso il testimone in questo secondo atto direttamente a Netflix, prestando anche i servigi del direttore esecutivo. I fatti, questa volta, si spalmano in un arco di tempo molto limitato, racchiuso in una scatola di pochi giorni. L’ideatore del prodotto è stato bravo anche a stravolgere l’ambiente circostante, passando dalla classica cittadina di periferia con tanto di sceriffo, laghetto e carattere campestre, ad una ancora più estrema ed isolata. La montagna invernale, con la sua notte oscura, la neve che ostacola le fughe e si macchia di purpureo e le baite dimenticate da Dio; una cornice addirittura più stuzzicante, adeguata ed affascinante per una collezione di omicidi in sequenza.

Questa particolare categoria dell’horror non è certo per tutti. Solo gli stomaci più forti e rocciosi possono resistere e, in un certo senso anche godere, delle immagini violente, stracolme di sangue e dolore, a tratti perfino comiche che lo slasher offre. Nel caso degli slasher/splatter, il killer è sempre un folle scatenato, segnato da chi sa quale sventura o maltrattamento fin da piccolo (vedere il recentissimo Leatherface, che forse appartiene di più alla seconda diramazione), oppure una sorta di vendicatore. Nel caso di Scream e anche di Slasher, abbiamo a che fare con la seconda categoria di assassino. Egli premedita i suoi omicidi, si spiana il terreno, approfitta anche degli ormai banalissimi errori delle vittime, per affogarle tutte in quel bagno di sangue che non risparmia nessuno, che non prevede prigionieri. La serie di Martin fa benissimo il suo lavoro, mettendoci davanti ad un assassino rigorosamente senza volto, una sorta di fantasma mietitore di anime, che non si esprime a parole, ma attraverso i suoi macabri atti. La regia viene coadiuvata da interpretazioni più che sufficienti, su cui non riusciamo a trovare un regnante, un vincitore, ma forse neanche ne abbiamo bisogno.

Molto bene invece la fotografia che, stranamente, tende a premiare il paesaggio diurno, rispetto a quello notturno. Il candore della neve che si tinge di rosso è un effetto semplice, eppure tremendamente efficace agli occhi dello spettatore. Il resto lo fanno poi i misteri e i segreti di una trama fitta e ben cucita. Come sempre, per finire, anche questo secondo atto prevede lo schema dei flashback. Ad ogni puntata avremo a che fare con due o tre episodi del passato, legate ad un particolare personaggio e a quanto accaduto prima e dopo la morte di Talvinder. La tattica funzione molto bene, perché riesce a dare un senso ed una caratterizzazione precisa ad ogni protagonista, incuriosendo infine la nostra fame di verità.

Titolo: Slasher

Genere: drammatico, horror, thriller

Episodi: 8

Durata episodi: 48-52 minuti

Trasmissione italiana: Netflix

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